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      Lo attesta il Sr Massari con alla mano un documento; ed era assai la testimonianze di lui che lodò degnamente il Rosmini, chiamandolo rivendicatore della dignità e delle franchigie del pensiero italiano; parole che Vincenzo Gioberti, se sopravvissuto, ripeterebbe con gioia, superbo meglio che di sua propria lode. Esso Sr Massari racconta come il Rosmini, sentita la morte di lui, pregasse pace alla sua anima, dicendo egli stesso la messa di requie; di quelle che tale anima e tale mente sapeva dire, sacrifizio veramente divino d’una umanità fatta per fede e amore sempre novellamente divina; di quelle, alle quali assistendo si sentiva esaltato sopra sè stesso il poeta che cantò Cristo e frate Cristoforo, Ermengarda e Lucia.
      Fermiamoci un istante a questo pensiero, e consideriamo la messa detta dal filosofo artista e sentita dal poeta pensatore, come un fatto meramente umano, vuoi psicologico o estetico, vuoi morale e civile; guardiamo il rincontro di questi due uomini come un giuoco del caso, com’un accozzamento degli atomi d’Epicuro. Fatto è che il prete ed il laico commemorano la morte di Lui la cui parola fece la più grande di tutte le innovazioni che la storia ci narri; fatto è che essi credono (se a ragione o no, qui non è luogo a provare) che il sacrifizio offerto ha un valore immenso, e quanto a sè glielo dànno, e la loro intenzione è altresì un fatto, l’idea loro è più grande di quante si chiudono nel guscio del Bentham o spaziano per i vapori dell’Hegel; certo è ch’essi pregano non per sola la propria ma per salute di tutto il mondo; che sanno i mali e i difetti dell’umanità, il troppo che manca non solo alla perfezione suprema ma il bene pur possibile all’uomo misero in tempi miseri, e nondimeno nell’anima loro non è dispregio delle piccole cose che tutte nel lor concetto ingrandiscono, non è odio degli uomini anco più traviati, non è disperazione o ribrezzo delle malattie anco più orribili; ch’egli amano tutto e tutti nell’ordine debito, che credono e sperano tutte le cose grandi; che nella fede e nell’affetto comprendono non solo questo nido angusto di questo pianeta, ma l’ampio universo.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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