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      Ma egli che in altri rispetti ritraeva di que’ due grandi Italiani Benedetto e Francesco, non si sognò d’imitarli in voler avere una Scolastica o una Chiara; nè allora pensava a fare da sè con tutto che la Canossa da più anni ve lo stimolasse. Margherita dunque esiliò sè dalla casa paterna, e andò a pregare e a morire in Verona, di dov’erano i suoi maggiori, de’ quali s’ha memoria fin dal dugento, nel quattrocento tramutatisi e Brescia, Conti del romano impero, magistrati e militi non senza nome. E chi nel suono e nel senso de’ nomi, così come nella forma della scrittura e ne’ segni della persona, rinviene vestigi di storia e testimonianze dell’animo (di che e l’esperienza e la scienza e l’autorità della Bibbia e de’ poeti e l’istinto de’ popoli ci fanno avvertiti); riconoscerà in questo nome Rosmini un’imagine di natura, imagine viva e umile, fragrante e pia(10), semplice ed elegante.
      Ma il volontario destino di questa figliuola di gentiluomini, non spiacente della persona, vivace ed accorta, che poteva sperar nel mondo per altro che per le ricchezze sue luogo onorevole e allegro, e si reca ad onore lasciare il mondo senza disgusti che n’abbia patiti, con cuore tranquillo e con fronte serena; è una delle prove fra tante, che la vita religiosa è a certe anime, e non delle men alte, bisogno. Chiamatelo pregiudizio, monomania, eccentricità, e con qualche altro nome medico o barbarico più vi piaccia ad esprimere la vostra filosofia e la filantropia: in nome della libertà voi dovete rispettare anco queste eccezioni, che del resto non risicano di moltiplicarsi a danno della specie, se al Malthus crediamo, che piuttosto del contrario ha paura.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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