Giacchè l’accusa fu mossa e qualche onest’uomo ignaro de’ fatti ci sospettò un che di vero, importa ribatterla espressamente pur coll’accenno de’ fatti, già messi in chiaro co’ documenti alla mano e con accuratezza che in questi tempi di fiacche prudenze è debito chiamar coraggiosa, dall’erudito illustratore d’Aristotele, Ruggiero Bonghi. Ma per sollevare il pensiero da queste miserie, giacchè sempre accanto a una memoria di cosa ignobile Dio benedetto prepara più altre di consolazione agli onesti, e giacchè alla vita degli uomini famosi e buoni s’intessono quasi per necessaria affinità ricordanze ed esempi d’altre virtù e d’altre fame; rammenteremo che congiunto di sangue a cotesta testatrice fu quel Crevenna il cui nome a’ bibliografi non è lecito ignorare, e che spese in libri ricchezza di molta; rammenteremo che prima fonte alla ricchezza della testatrice fu il mestiere del sarto esercitato da uno de’ suoi maggiori in Germania, il quale ritornato a morire sulle care sponde del lago natio, portò seco gli arnesi dell’arte sua, e li serbava con vanto modesto, come non piccola parte dell’eredità da lasciare a’ suoi nepoti, come reliquia e documento.
Queste cose importava notare per dedurne a’ giovani che s’avviano per vie di bene intentate in tempi discordi, dedurne l’avvertimento, che nè altezza d’ingegno, nè innocenza di vita, nè splendore di fama, nè testimonianze d’uomini immacolati e della intera nazione potrà scamparli da’ giudizi severi di chi, così giudicando, credono forse di rendere servigio alla libertà e benefizio alla patria.
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