Anima tale aveva con che sostenere ogni assalto, come città che, dietro ai primi munimenti appena intaccati, altri più inespugnabili ne ha già belli e fatti. Poche le vite anco di lodati per interiore fortezza, così uguali a sè stesse; e che meglio avverino il detto: pace e concordia dell’animo, è grandezza con mansuetudine(11).
XLII.
Nel pensiero della morte non prossima, il marzo di quest’anno, ragionava a me con timore de’ giudizi divini; e rammentandogli io quel de’ Salmi, le misericordie di lui sopra tutte le opere sue, e quindi entrandomi «io a dire» d’una mia povera versione in cui son saltati i passi che mi paressero più giudaicamente che cristianamente suonare ira, egli rispose che la giustizia non meno della misericordia era divino attributo. Ma più s’approssimava al termine della sua prova, e si levava in sicurtà più serena; e del morire diceva da ultimo: unirmi al mio fine. Ragionava di questo come d’altra qualsiasi faccenda: nè i dolori acuti del fegato, dello stomaco e delle ossa che, quasi slogate, cercavano appoggio l’una sull’altra senza trovarlo, gli turbavano l’intima pace. Il dì ventitrè di giugno diceva: non siamo noi che patiamo, è il corpo che ci circonda e ci veste. E ragionava di Filosofia: e siccome anni prima, tormentato da un reuma dettava delle opere sue, dicendo lavoro e addoloro; così poteva ora dire: muoio e prego non solo col cuore ma con tutta la mente. Un giorno che, sfinito, lo reggevano per sedersi sul letto, sorrise; e gli astanti tra pietà e maraviglia se ne intenerivano; ond’egli: volete ch’io pianga? quest’è bella.
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Salmi Filosofia
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