La sua massima dell’abbandonare se stesso alla Provvidenza, la adempì. Onde il Manzoni ebbe a dire, che non rassegnazione era quella ma piena adesione convenendo nella parola già scritta dal moribondo: adesione della mente e di tutto l’uomo al Vero.
Pochi mesi prima, ancor sano e con apparenza di vigore, aveva già fatto il suo testamento. Il dì vensette di maggio, festa della Pentecoste, chiese egli il Viatico; e innanzi si fece recitare, e accompagnò ad alta voce in prima, poi non potendo più con sommessa, la professione di fede secondo il Concilio di Trento; e tutto quel dì volle rimanersene solo, in preghiera meditante. Il dì quattordici di giugno ricevè l’olio santo: e notò che in quell’atto erano da imporre al morente le mani; tant’era presente a sè e religioso di quelle cerimonie che rappresentano idee e tradizioni ed affetti, e stringono tra dotti e indotti, tra preti e laici, tra pezzenti e re, tra pargoli e adulti, tra vivi e morti, un’unanime società. Gli esercizi pii, consigliati a lui infermo da benevoli con speranza di sua guarigione, li continuò infino alla fine, già spedito da’ medici, e con l’anima in vero spedita, e, come dicono del morente i canti Umbri, lesta - «Salendo quasi un pellegrino scarco(12)». - A tali esercizî voleva presenti tutti di casa, e diceva che nulla di bene va perduto, che entrare in parte di tanti meriti di vicini e lontani uniti in un’intenzione, era bello.
Richiesto da uno di fuori di benedirlo, scusatosi prima, poi rispose modesto: come Sacerdote, posso.
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