E ovunque vaghi paesetti sparti,
O biancheggianti solitarie case,
Che dolce e lungo essere potranno un giornoDel mio pennello, io spero, amore e cura.
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Sia che di scelte e saporose fruttaA frugal desco entro la mia capanna
Co’ buoni amici garrulo m’onori.
Oh perchè non son sempre i dì sereni?
Perchè del primo, egual, tepido autunnoNon sempre le tranquille ore vissute
Fra quelle dolci mie latèbre amene?
Sebben che parlo? Ah desio vano aduno.
E non so forse che la vacua villaBella par più, perchè ci tien, fuggiti
Dalla rëál della città prigione?
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E ’l Sagittario d’antepor, consigliaLa città più guardata e più ben chiusa
All’aperta, ventosa, umida villa,
Ora ch’e’ già l’inverso anno contrista,
E con perpetue pioggie infredda e bagna
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(3) DANTE: Chi guarderà giammai senza paura - Negli occhi d’esta bella?... Un del trecento: V. Cr. tutte spaventaro, udite le parole della sapienza. Ne’ fioretti l’obstupuit dello Speculum, nota il Frediani ch’è reso da si spaventò. All’incontro in Orazio nil admirari suona non si sgomentare di nulla. E in Virgilio: exultantiaque haurit corda pavor pulsans è il batticuore non della paura, ma dell’ansiosa speranza: giacchè pavor da pavio. E così nel consuonare de’ contrapposti l’unità dello spirito umano è da ammirarsi con vero spavento.
(4) SENECA, Vit. B.
(5)
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . o dottoSpirto e gentil, tu sol sovra il cor mio
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Sagittario Speculum Frediani Orazio Virgilio Vit
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