Che te ne’ giuochi e te ne’ studi indarnoCerca or dolce ora grave, amabil sempre;
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A te l’arguto suon da questa vallePorti sull’ali sue vento cortese,
Chè al bisbigliar degl’inusati accentiForse l’orecchio v’apporrai gentile;
O sia che al patrio focolar te troviDel vecchio genitore a udire intento
I perigli, onde rende esperta e cautaLa famigliuola, che, raccolta intorno
Di lui narrante, con socchiusa bocca,
Pende dal labro; o ch’e’ ti trovi all’ombraDel tuo boschetto, ragionando teco
Alcun d’Atene o Roma antico Saggio,
O che in silenzio audaci voli imprendi.
Quivi mi par vederli or sotto un faggioDella natura modular gli amori,
Onde la terra e l’acqua e l’aere e ’l focoGeneran sempre, di fecondo seme
Unquanco scarsi, e con mirabil giroA nuovi figli fragil vita dànno,
Struggendo i vecchi testè nati; ed oraDell’alta selva in un recesso opaco,
Sacro, soave, meditar profondoDell’universo il gran poema, in cui
L’armonie delle sfere esprimi e canti.
Ai grand’ingegni grand’imprese: or poiQuel fra’ mortai di vero a me par grande,
Che grande è in picciol’ cure, e non tra gli astriMai sempre affisso, il guardo unqua chinando
Alla terra ed a sè, nè mai rimembraChe carne il veste, e non è al mondo ei solo;
C’ha i genitori od i fratelli o i figli.
Tu sai ben d’esser uom; tu non trascuriDella virtù, che in faccenduole abbiette
Grande, sovente di velarsi è vaga,
Minimo ufficio; e il pueril trastulloCol lieve riso serba alacre e pronto
ad opere canute.
(6) MANZONI.
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Atene Roma Saggio
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