Il padrone di Giuseppe, vedendo che ogni cosa gli riusciva a bene, gli pose affetto, e gli affidò le faccende della ricca sua casa: e Dio benedisse la casa dell’Egiziano in grazia di Giuseppe; onde s’accrebbe quella sostanza e in edifizi e in poderi.
VI
Quand’ecco Giuseppe fu accusato di colpa non vera a quel signore; e, perchè gli uomini, e massime certi grandi del mondo, più leggermente credono il male che il bene, quel signore si bevve la calunnia, e, senza cercar prove, lo cacciò in una carcere. Ma Dio fu col povero calunniato; e fece che il preposto alle carceri ne concepisse stima e affezione, e s’affidasse a lui ogni cosa là entro. E Giuseppe conoscendo per prova l’ingiustizia e la crudeltà di molti tra gli umani giudizi, potette apprendere di lì a trattare con pietà i condannati; e potè vedere che abbandonarli per disperati alla pena, o inasprirli col disprezzo, non è buon modo di farli migliori.
VII
Troppo lungo sarebbe raccontarvi qui, per che vie lo trasse Iddio da quel luogo, e lo desse a conoscere al re d’Egitto, e lo rendesse tanto pregiato negli occhi di lui, che, dopo esso re, Giuseppe divenne in tutto il regno la prima autorità. Allorchè queste nuove fortune gli seguirono, Giuseppe aveva trent’anni. E prese moglie, e n’ebbe due figli; il primo Manasse, il secondo Efraimo. Quando Manasse gli nacque, Giuseppe disse: «Iddio mi fece uscir dal pensiero i travagli della prima mia giovinezza». Quando gli nacque Efraimo: «Iddio mi fece grande nella terra della mia povertà».
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