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      Costui, ingelosito del numero e della potenza de’ figli d’Israello (Israello era un altro nome dato a Giacobbe: e chi dice Israelita, dice discendente del buon vecchio che ha avute tante grazie e promesse da Dio, e tanto patì), ingelosito costui, disse a’ suoi cortigiani: «Vedete questo popolo, come ingrandito! Ingegnamoci col nostro ingegno di schiacciarlo un po’; che non cresca maggiormente; e, caso che guerra ci colga, non si colleghino a’ nostri nemici, e da ultimo, fiaccati noi, non escano delle mani nostre». Il bravo re non dice: «Ingegnamoci di farceli amici; e per questo, amiamoli noi». Ne ha paura, li tiene come un pericolo continuo dinnanzi agli occhi; e col farsi odiare aggrava il pericolo. Ne ha paura dentro; e nondimeno non li vorrebbe lasciare che vadano via; vuol fare che diventino tante pecore, buone da mungere, da tosare, da mangiare, da vendere. Costui che dunque si pensa? Di imporre ai figli d’Israello lavori pubblici gravosi molto, e fare che lavorassero sotto mastri egiziani che li malmenavano. Così edificarono palazzi e piramidi, e due intere città più magnifiche di queste nostre. Ma che? Quante più erano le fatiche, e tanto più il numero degli oppressi moltiplicava: e perchè gli eran usi al lavoro, e perchè il lavoro rinforza le membra, e quand’è sostenuto a buon fine, nobilita le anime; e perchè Dio voleva così, per confondere le fiere arti regie. Nè il re solamente, ma non pochi degli Egiziani odiavano i figli d’Israello, e si compiacevano nell’aggravare le loro miserie, e ci aggiungevano il disprezzo e gli scherni.


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Esempi di generosità proposti al popolo italiano
di Niccolò Tommaseo
Edizioni Paoline
1966 pagine 258

   





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