Non diede ragione al più forte perchè più forte; non disse: «Che poss’io fare per questi disgraziati? Nulla. Dunque penserò ai casi miei». Non si dimenticò mai che sua madre era di questa gente che tanto pativa; che sua madre anch’ella aveva per questa medesima ragione patito. Un giorno egli uscì alla campagna, e passeggiava pensoso: quand’ecco gli vien veduto un Egiziano che picchiava un infelice Ebreo fieramente. Perchè, non paghi gli aguzzini del re, non paghi d’imporre travagli durissimi a quella povera gente, si arrabbiavano contro loro, come se quella povera gente fossero essi, infelici, i tiranni. E una parola, un cenno mal inteso, diventava fellonia di ribelli. L’Egiziano dunque batteva l’Ebreo; tanto e’ nè avrebbe forse fatto una bestia che fosse sua; perchè la sua bestia gli sarebbe stato danno a perderla, o tenerla malata. L’Egiziano dico, batteva l’Ebreo. Mosè stette un poco a vedere: si sentì bollir dentro il sangue di pietà più che d’ira: si guardò tutt’intorno, e non vedendo persona, si slancia frammezzo a loro. L’Egiziano credeva poterli attutare tutti e due con le busse: ma ecco Mosè gli menò un colpo tale che lo freddò(2). E seppellì quel cadavere nella rena.
Fece egli male Mosè a dargli morte? Ci andava della vita di un suo fratello innocente, che sotto quelle percosse sarebbe morto; ci andava della vita di tutti coloro che quel tristo, oramai prendendo gusto al reo mestiere, avrebbe martoriati e altri fatto il simile all’esempio di lui ci fosse stata giustizia in Egitto per gli Ebrei, Mosè poteva e doveva ricorrere, perchè le leggi spassionatamente e solennemente difendessero lui e i suoi ma in Egitto non c’era giustizia per essi.
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