Egli stette a vedere alquanto: e la macchia ardeva, ardeva, ma senza che il fuoco la consumasse: e erano varii i colori qua e là della fiamma, e del colore medesimo i gradi varii; qui un fuoco di brace, qui lume di sole, là candore d’aurora, là dolce rossore di nuvolette da sera: e l’un dall’altro colore usciva, e ci rendeva, come melodia di voce con voce, come belle forme di poggi, che d’altura in altura riposano l’occhio corrente per esse; e sotto al vermiglio e al violetto e al rossicante e al ranciato di quell’ardore si discernevano nette come per vetro le tinte chiare e cupe, giovanette e mature, del verde, come discernonsi foglie di rosa galleggianti in ruscello; e nel rado de’ rami, e tra il fogliame giocava la luce mirabile, com’aria viva.
Allora disse Mosè fra se stesso: «Vo’ ire a vedere che è questa cosa; che la macchia senza fumo arde e senza incenerire». E una voce dal mezzo dell’ardore lo chiama: «Mosè»; e ancora «Mosè». Rispose: «Eccomi». Allora la voce: «Non t’accostare più oltre: sciogli il calzare, e sta a piedi ignudi. Perchè terreno santo è il luogo ove stai». Mosè fece secondo quella voce; e dalla fiamma sentì: «Io sono il Dio del padre tuo, il Dio d’Abramo, il Dio d’Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè si nascose con le mani la faccia, e chiuse gli occhi; che non osava levarli alla fiamma, e vedere l’Angiolo, che nel nome di Dio gli parla. La voce disse: «Ho veduto i dolori del popolo mio in terra d’Egitto, e udite le grida del popolo per la crudeltà di coloro che soprastanno ai lavori.
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