Pensiamo dunque a questi milioni di milioni di spiriti, che pensano a noi: pensiamo, se non altro, alle anime di tutti quegli uomini che nel viaggio di questa terra passarono innanzi a noi, e di tutti coloro che, creati da Dio, dopo noi passeranno. Nè queste cose pensare potremo senza diletto e maraviglia e umiltà salutare e riconoscenza amorosa e preghiera. Ma noi, Cristiani, oltre alla creazione del mondo, dobbiamo nella festa rammentare la redenzione eziandio, per la quale Gesù Cristo, soffrendo e morendo e risorgendo da morte, ci comunicò la sua Grazia che ci ha liberati.
Oltre al settimo giorno, una festa, tra altre, aveva Mosè istituita per comandamento di Dio: ch’era al tempo che le biade maturano, perchè, offrissero a Dio le primizie del raccolto; e un’altra alle fine dell’anno in azione di grazie. Ordinava Dio per Mosè, che, nel segare il grano, non lo tagliassero rasente terra; e che le spighe che rimanevano sul campo, e’ non si volgessero per raccattarle ma lasciassero ai poveri e a’ forestieri. «E similmente i grappoli della vigna che cascano e quelli che restano dalla vendemmia, e le ulive, lascerai, se li prendano il forestiero e la vedova ed il pupillo, acciocchè il Signore tuo ti benedica in ogni opera delle tue mani. Rammenti che anche tu fosti servo in terra straniera e poveretto». E a questo precetto in un luogo soggiunge: «Io sono il Signore Dio vostro». Come dire: Io sono il Dio vostro e de’ poveretti. Io sono quegli che fece la terra e tutte le sue ricchezze: chè son mie, non da uomo veruno.
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