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      Risponderete raccontando ch’egli è monumento perenne delle grandi cose che Dio per voi fece».
      I figliuoli d’Israello, portarono siccome aveva ordinato Giosuè, un per ciascuna tribù, le dodici pietre al luogo dov’era il campo: e altre dodici pietre, tolte dalla riva, Giosuè fece mettere nel letto del fiume di dove erano le altre dodici state tolte. I sacerdoti che portavano l’arca, stavano intanto nel mezzo del Giordano, in fin che fu compito ogni cosa. Passò poi anche l’arca. Sì tosto come i sacerdoti posero il piede sulla riva verdeggiante, e ecco il monte dell’acqua si versa con gran suono sul fondo; come quando i cavalli, aperte le sbarre, si slanciano impetuosi nel corso.
      Quelle pietre rizzate a memoria, rimasero per molte e molte generazioni; e parlavano del tempo antico; e raccomandavano la gratitudine verso Dio, e la concordia, che può fare d’ogni grande società una famiglia. Possano tutti i monumenti per le nostre città e per le campagne, e per tutto il mondo, essere eretti con simile intendimento, e parlare linguaggio di religione coraggiosa e di magnanimo amore!
      Giunti che furono i figli d’Israello al monte d’Ebal, si ricordarono di quel che a Mosè aveva il Signore ordinato onde Giosuè rizzò a Dio su quel monte un altare di rozze pietre, non tocche dal ferro; e offerse vittime di espiazione e di pace; e sulle pietre scrisse i comandamenti della divina legge. Gli anziani del popolo e i giudici e i capitani, e poi tutta la moltitudine, co’ forestieri ammiranti, stavano a quella cerimonia schierati dall’una e dall’altra parte dell’arca in lungo ordine e fitto, come due muraglie vive e ondeggianti; e intorno all’arca erano i sacerdoti.


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Esempi di generosità proposti al popolo italiano
di Niccolò Tommaseo
Edizioni Paoline
1966 pagine 258

   





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