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      Poi dimostra come, se, nella stessa ingiustizia e nell’orgoglio della vittoria, i vincitori trovano modo di mantenere una certa misura, e, quando vogliano vivere e non essere divorati dalla terra in cui fingono l’asta insanguinata, debbono costituire una specie di società non solo tra sè ma coi vinti, e osservarla. Cotesto significa che o prima o poi e’ debbono meritarsi la vittoria; e che i vinti, sottostando, patiscono la pena dell’avere abusata la libertà e la potenza. Ma nell’avvenimento di cui ragioniamo discernonsi alcune singolarità che lo fanno essere unico. Le solite depredazioni, delle quali è desolata la storia del genere umano come se fossero intemperie assegnate a certe stagioni, ci mostrano, e nel primo impeto dell’invadere e nel possesso continuato, sfoghi della cupidigia e dell’avarizia, se non della libidine della crudeltà abituata: ma qui un divieto severo sotto pena di morte interdice ai singoli vincitori d’appropriarsi pure un arnese, un filo delle spoglie nemiche; e la pena è, come sacrifizio solenne, pubblicamente eseguita. La quale tradizione d’astinenza rimane così inviscerata nella nazione, che fino nella cattività, quando la coraggiosa e benefica bellezza d’Ester ebrea (discendente dalla schiatta di Cis, ch’era quella di Saul) dona ai vinti un inaspettato trionfo sopra i tiranni, l’odio degli oppressi si sbrama nel sangue, ma delle ricchezze si serba puro, potendole ghermire impunito: memorabile esempio nella storia, e riprensione ai governi confiscatori.


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Esempi di generosità proposti al popolo italiano
di Niccolò Tommaseo
Edizioni Paoline
1966 pagine 258

   





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