A eseguire la volontà di Mosè, e sciogliere i dubbi che nel fatto dovevano insorgere, Giosuè non è solo: accanto al capitano guerriero, come già Aronne accanto a Mosè, siede il figliuolo d’Aronne, il supremo sacerdote Eleazaro; autorevole tanto più, che i sacerdoti non prendono parte nel dominio della terra; ma hanno giumenti e gregge a lor uso, e città da abitare. Per tal modo, quel che si deve al decoro del sacerdozio, che non dipenda, e non paia dipendere, dagli arbitrii dei molti che pagano, è provvidamente conciliato con quel molto più che si deve alla divina sua dignità e a’ formidabili suoi doveri, che non isperda i pensieri e gli affetti e il tempo e la potestà in cure men alte di quelle alle quali egli è destinato. Nè soli Giosuè ed Eleazaro, ma i capi di famiglia, fanno la partizione a ciascheduna tribù; e in questo modo il governo domestico e il militare e il teocratico e l’aristocratico si compongono in esemplare armonia. Perchè della possibilità e della bontà di tutti i governi doveva offrire l’esempio a tutti i secoli questa piccola nazione maravigliosa: e come nella terra straniera e nella schiavitù e nella peregrinazione si possa conservare inestinta l’unità della vita; e come gli ottimati governino patriarcalmente le moltitudini conscie del proprio valore testificato e a ciascun uomo dalla credenza in un Dio padre comune; e come la fermezza delle consuetudini possa evitare i pericoli del governo elettivo; e come il monarchico, se vuol essere tollerabile, debba sempre esser temperato e dalle consuetudini e dal consenso degli ottimati, consenso non interrogato a ludibrio; e come, ciononostante, il reggimento di pochi o d’un solo sia dato in gastigo alla spensierataggine o alla licenza di coloro che non sanno governare sè stessi; e come tanto ai re quanto ai popoli sia imposta, per pena del male commesso o lasciato commettere, la dominazione straniera e la migrazione, le carceri e i patiboli, il tardo pentimento e l’infamia; e come il lungo patire, se gli aggiunge merito un senso di virtù, espii la colpa, terga la vergogna, rigeneri; e come allora le memorie ispiratrici risorgano, torni agli animi l’ardimento, il nerbo alle braccia; e non dai palagi dei re, non dagli stranieri incautamente invocati, ma dall’intimo seno della nazione, si faccia sentire la speranza e la vita.
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