VI
Qui giova, a nostro ammaestramento, vedere un po’ più d’appresso come via via si venisse questo popolo costituendo, e come a meglio costituirsi le stesse difficoltà gli giungessero provvidamente opportune. Morto che fu Giosuè, grave era il pericolo che, inebriati dalla vittoria, allettati dagli agi del nuovo soggiorno, coloro specialmente che avevano sortita porzione più pingue, istigati dalle genti nemiche circonvicine, e da quelle che vivevano tuttavia in mezzo a loro, si disunissero, chi per ambizione di prevalere, e chi per gelosia dell’ambizione altrui e che cotesta gelosia si facesse essa medesima, senz’avvedersene, a poco a poco ambizione vorace. Tanto era incerto il da farsi, che, mancatogli il capo, cominciavano a domandare a sè stessi: Chi ascenderà innanzi a noi contro il nemico, e dovrà capitanare la guerra?
Ma in questa stessa domanda, mossa senza timore del pericolo esterno e con previdente amore della necessaria unità, manifestasi, più che la voglia dell’imperare, la coscienza del debito che la potestà dittatrice, assume in sè stessa. La risposta di Dio fu che il primo sia Giuda. Non è detto nominatamente quali di quella tribù erano per condurre la guerra; ma è detto che quella tribù volle diviso con altri e il peso e l’onore; e invocò Simeone dicendo: Ascendi meco nella sorte mia, e combatti i Cananei e io poi verrò e assicurerò la tua sorte. Così quelle tribù, veramente sorelle, intendevano la tanto improvvidamente ambita, come chiamasi precocemente, egemonia.
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Giosuè Dio Giuda Simeone Ascendi Cananei
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