All’acquisto graduato della terra non era solamente ragione il far sì che i novelli posseditori fossero sufficienti a via via popolarla, e che non la lasciasse deserta lo sterminio de’ primi abitanti, ma, giova ripeterlo, acciocchè quelli si venissero facendo meritevoli del possesso e coll’affrontare i cimenti, e col difendersi dalle insidie, e col perseverante lavoro. Siccome i riedificatori di Gerusalemme dopo la cattività muravano armati; così dovevano i compagni di Càleb accanto all’aratro tenere la lancia, e con sotto il capo la spada prendere sonno. Nè l’esercizio delle braccia era il solo che avesse a guadagnar loro il terreno promesso, ma non donato; era l’educazione della virtù e della mente. Dovevano e dall’esperienza propria e dagli stessi nemici apprendere come si viva: perchè, guai al vincitore che non sa imparare dai vinti; guai a chi dalla buona ventura è fatto indocile, e quel che dovrebbe fargli più agile per nuove cure utilmente il pensiero, lo istupidisce! Possiamo apprendere eziandio da’ men buoni, e dobbiamo; e questa è scuola di tolleranza e di carità, scuola alla quale pochi si formano(7).
Ma un altro altissimo fine aveva quel graduato conquisto: il lasciare che i popoli sconoscenti del vero Dio e di più mite governo, lasciare tempo che s’illuminassero, che apprendessero anch’essi, volendo; che venissero a patti; che non solamente a sè prolungassero, ma rendessero forse più civile, la vita. Non vollero. Alla libertà del loro arbitrio, così come del popolo sopravvegnente, apriva Dio un’occasione di merito acciocchè apparisse più giusta dall’un lato la mercede, e dall’altro la pena, se la volessero.
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