Càleb sorrise; e, sapendo che nè lei nè il marito chiedevano più terreno per sè, ma pe’ figli che nascerebbero e sarebbero pure suo sangue e sicuro che l’avrebbero coltivato con vigilante fatica, disse di sì. Lo chiedevano non a un ignoto, ma al padre; ed era dolce aggiungere vincoli di gratitudine a quelli dell’affetto e dell’ammirazione dovuta al vecchio venerando.
XI
La vecchiezza di Càleb è ben da credere che passasse consolata tra le gioie domestiche e le onorate cure della sua nazione, che era a lui come famiglia, e riguardava a lui come padre. È ben da imagginare con che amoroso rispetto si saranno portati verso lui Assa la figliuola e il genero Otoniele. La madre di lei, per la legge severa imposta da Dio, doveva di là dal Giordano morire; ed ella, ancor giovanetta, governare la casa paterna, e rammentare a suo padre la moglie morta. Data in premio al valore, ma spontaneamente, e non senza dote che le risparmiasse, dinanzi alla famiglia del marito, i raffacci e i disdegni superbi, ell’era modestamente beata d’un amore fedele congiunto a riverenza; e innalzava con lo sposo e col padre al comune Iddio unanime le preghiere. Ed è da immaginare con che benedizioni del cielo e della terra, e del latte che aveva a nutrire i suoi figli, e dello spirito di fortezza che li aveva a ispirare, Càleb l’avrà benedetta morendo; e con che memori lagrime lo avranno pianto e come voluto con esempi di virtù rappresentarlo vivente agli occhi de’ figli.
Ma il tempo scorreva, e le generazioni si venivano allontanando dalle grandi memorie; le quali nell’animo dei più illanguidivano, come suono di potente armonia, che, restando pur fermo in un luogo, a chi si dilunga da quello, viene via via attenuandosi.
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