A questi rimproveri giusti il popolo s’umiliava; e coll’umile pentimento entrava negli animi la speranza e il prudente coraggio.
Era in Efron un giovane, figliuolo di Gioas, robusto e coraggioso e buono nell’anima, che lo chiamavano Gedeone. Egli stava spulando il grano celatamente, che i Madianiti non gliene rubassero: ed ecco un Angelo del Signore gli apparì tra i rami d’una gran querce, commossi dal vento soavemente. Apparì l’Angelo a Gedeone, e gli disse: «Il Signore, o uomo prode sia teco». E Gedeone a lui: «Signor mio, vi prego: se Dio è con noi, ditemi perchè ci accadono queste così dure cose. Dove sono le meraviglie che raccontavansi dai padri nostri; che dicevano come Dio dall’Egitto ci liberò? Ecco, il Signore ci ha assoggettati a costoro di Madian». Allora l’angelo, guardando con occhio di bontà possente, gli dice: «Va nella tua prodezza, o Gedeone, e farai libero Israello dalle mani di Madian. Sappi che Dio è che ti manda». Gedeone rispose: «Prego, Signore, chi mai avete voi scelto per deliberare Israello? Vedete, la mia famiglia è l’ultima nella tribù di Manasse; e io, nella casa di mio padre, sono ultimo». L’angelo del Signore gli dice: «Io sarò teco e fiaccherai il popolo di Madian, come se fossero il braccio d’un solo uomo». E Gedeone: «Giacchè, disse, ho trovato grazia negli occhi vostri; datemi un segno che il Signore è che degna parlare a me. Non vi partite, prego, insin ch’io ritorni, e porti un sacrifizio qualcosa, e l’offra». Rispose: «Aspetterò». Entrò Gedeone, cosse un capretto, e fece stiacciate di pane non lievitato; e il pane e la carne messe in un paniere, e pose appiè della querce.
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