Intendeva Gioatan, che chi bada a’ fatti suoi non ha tempo da far l’uomo addosso ad altrui; e chi sa fare cose utili e belle, anco che gli profferiscano certa potestà, la rigetta come indegna e noiosa. Intendeva che i meno meritevoli e men valenti sono i più presuntuosi e i più prepotenti. Intendeva che l’uomo il quale esercita la sua autorità con minacce, o l’ha male acquistata o vuol farne mal uso. Intendeva che cattivi superiori e inferiori cattivi sono, l’uno all’altro, come un fuoco che consuma con fumo e rovina, e dopo sè lascia cenere e fuligine e macìe nereggianti.
Dette quelle parole dall’altura, e stando sempre all’erta che non s’evventassero que’ di Sichem ad acchiapparlo, fuggì il giovanetto Gioatan; e stette in Bera per tema di Abimelec, di quel re scellerato. Abimelec regnò tre anni, e distese la sua potestà sopra tutto Israello; giacchè troppo spesso accade che molti uomini s’accordino insieme nelle cose dannose e ree e vili, anzichè nelle utili e generose. Ma dopo tre anni si mise uno spirito di discordia tra Abimelec e gli abitatori di Sichem, che non lo potevano più patire. E, perchè l’odio ha buona memoria, s’incominciò a rivangare il passato, e rammentare il macello de’ figliuoli di Gedeone su quella pietra, e incolparne Abimelec re, e que’ signori di Sichem i quali l’avevano spalleggiato che non erano della povera plebe. E i malcontenti del re si rifuggirono alla montagna a fare il mestiere del bandito; e svaligiavano i passeggeri. Così segue nel mondo, che si coglie il pretesto di punire una vecchia furfanteria per commettere delle nuove furfanterie.
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