Nell’atto che Saul prendeva comiato da Samuele, nel punto ch’e’ si volgeva per andarsene, sentì nel cuore e nel sangue non so che tumulto e mutarglisi dentro i pensieri; e levò gli occhi in alto; e agli uomini, passanti dinnanzi alla sua persona, guardava con altr’occhio di prima. E’ pareva com’uomo che, col viso sempre volto a un ignudo masso, si rivolga a un tratto, e contempli distendergli innanzi grande campagna fiorente di verdura e di luce, con acque correnti nel mezzo, e nel fondo collina vestita insino alle cime.
Di lì a poco, adunò Samuele il popolo in Masfa; e mise le sorti, su qual tribù cadesse la sorte del regno. E uscì quella di Beniamino. E mise le sorti sopra quale famiglia di Beniamino, e uscì quella di Cis. E mise le sorti su quale de’ figliuoli di Cis; e uscì il nome di Saul. E fu riconosciuto a re Saul figliuolo di Cis; e le tribù, come a capo, gli fecero presente di doni. Ma v’eran taluni che sdegnarono riconoscerlo e dicevano: «Che? Possibile mai che costui ci abbia a fare salvi?». Egli tornato a casa sua in Gabaa faceva le viste di non sapere di tali dispetti.
Un mese era corso; e Naas ammonita venne a muovere assalto agli abitanti di Jabes nel paese di Gàlaad. I cittadini di Jabes tutti dissero a Naas: «Abbici per tuoi collegati, noi saremo tuoi sudditi» (perchè, già, molte alleanze dei deboli coi forti non sono che sudditanze servili). Rispose Naas ammonita: «Quest’è il patto di colleganza ch’io posso fare con voi costì; cavare a ciascun di voi l’occhio diritto, e lasciarvi vitupero di tutto Israello». Gli anziani del paese di Jabes sbigottiti gli dissero: «Concedi a noi sette giorni di tempo che possiamo per tutti i confini inviare messaggi a tutte le tribù d’Israello.
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