Chi è egli questo straniero che ardisce scagliare improperii contro l’armi del Dio vivente?». Due cose dolgono al giovanetto: la vergogna del popolo suo, e il dispregio del nome divino. Però soggiungeva: «Il Signore che mi sottrasse alle zanne dell’orso e alle zanne del leone, egli mi libererà dalla mano di quello straniero».
Al sentire come Davide sperasse fermamente nell’aiuto di Dio, re Saul anch’egli sperò, e disse a lui: «Va, che il Signore sia teco». E re Saul vestì Davide di ricca armatura, lo coprì di corazza, e gli allacciò l’elmo grave, e gli mise la spada al fianco. Davide, così vestito, fece l’atto di camminare, se potesse con quel peso. Poi disse a Saul «Così non mi posso io. Non sono uso a quest’armi». E se le spogliò: prese la sua mazza, che sempre portava per la campagna pascendo; e scelse dal torrente cinque pietre ben lisce e bene arrotate dal corso dell’acque, e le mise entro la sua zana da pastore; e prese in mano la fionda. Re Saul, in vederlo disposto a così affrontare il nemico, sperò più che mai perchè pensò a Dio più che mai. Que’ dell’esercito, chi benedicevano al giovanetto, ringraziandolo in cuore ch’abbia pure sperato levarli da quella vergogna; chi lo incuoravano con parole, e i più lontani con cenni; chi stavano a guardare, crollando il capo, e a costoro pareva che il pur tentare l’impresa fosse un oltraggio fatto al loro senno e un rimprovero alla loro pusillanimità; chi tacevano istupiditi, non sapendo che si credere.
Uscì Davide dallo steccato con in mano la fionda.
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