Al vecchio Isai ne doleva, sebbene lo consolasse l’onore del sangue suo; e dispiaceva anche a Davide, il quale avrebbe amato, ove il destro venisse, andare e combattere, ma poi ritornarsene alle sue poche pecore, e ai ruscelli noti, senza le cerimonie della disciplina soldatesca, e senza le noie del vivere cittadino che gli erano continuo impaccio. Una cosa gli dava sollievo, l’affetto di Gionata ch’era a lui consolazione nuova, e come il prospetto di nuovo terreno e di nuovi orizzonti: perchè Davide anch’egli amava Gionata come la vita propria. E strinsero patto di santa amicizia: Gionata si spogliò della tunica ch’e’ portava, e la diede a Davide che la portasse, e tutti gli abiti militari, e spada e arco e cinto.
Davide prontamente faceva le imprese dove il re lo mandasse; e si portava con coraggio prudente, come si conviene a chi sa ch’egli ha nelle mani le sorti d’un popolo e la sua fama. Re Saul lo fece capitano di schiera non piccola: e tutto il popolo aveva affetto a Davide.
Or dovete sapere che, quando Davide ritornava dopo atterrato il gigante, per tutte le città d’Israello si fece gran festa; e le donne uscivano in coro, menando danze incontro a re Saul, con timpani e altri strumenti, suonando a gioia e danzando cantavano (perchè a que’ tempi la danza era cosa solenne e quasi sacra, e con meno salti de’ piedi, ma con più atti modesti e eleganti della persona rappresentava, come scultura vivente, la memoria de’ fatti onorati e la potenza de’ nobili affetti), cantavano danzando, e dicevano: «Ne vinse Saul mille, e Davide diecimila». Quel grido di quelle giovanette si confisse a Saul come una spina nel cuore; perchè il paragone del valore è sempre cosa pericolosa, e offende l’uno de’ due, e talvolta risica d’offendere e l’uno e l’altro.
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