E forse il re tristo, col darla a un dappoco, si pensava di fare scorno al giovane prode.
Restava Micol, la minore sorella; la quale voleva bene a Davide, e per l’amicizia grande del fratello Gionata e per lui stesso. Saul lo venne a sapere, e di lì trasse occasione a nuove insidie di morte. Non volle, come prima, aprirsi egli stesso a Davide, ma per gente fidata gli fece dire: «Ecco, il re t’ha in grazia, e t’hanno in affetto i servi di lui. Tu puoi divenire genero del re, volendo». Le creature di Saul sussurrarono all’orecchio di Davide queste parole, e Davide modestamente: «Essere genero del re? vi pare egli piccola cosa. Io sono un povero giovane, figliuolo di povera gente». Ridissero a Saul: «Questo e questo risponde Davide». E Saul a coloro: «Dite a Davide così: Non richiede il re presenti di nozze da te, nessuni; chiede che tu gli apporti le spoglie di cento Filistei in giusta battaglia morti». Così sperava Saul disfarsi di lui. Davide, sapendo che Micol gli voleva bene, e che questo sarebbe a Gionata cosa grata; e pensando che il suo popolo avrebbe cento nemici di meno (giacchè guerra c’era tra Israeliti e Filistei tuttavia); accettò il patto; e di lì a pochi giorni andò co’ suoi fidi, portando, come memoria cara e com’arra di vittoria, la spada di Gionata e l’arco. E non cento ne uccise de’ Filistei, ma dugento, in leale combattimento. Saul confuso, non gli potè negare la sua Micol promessagli moglie.
Micol sempre più caramente lo amava; ma Saul diffidava di Davide sempre più fieramente: tanto che Gionata e Micol n’avevano dolore segreto e tema affannosa.
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