Micol, allora, prese un’imagine d’uomo in pietra che aveva, la pose sul letto, e la involtò in un gabbano: e le imbacuccò tutto il viso. Sull’alba uggiti del più aspettare, i satelliti picchiano: e di dentro si risponde: «Malato». Saul, inviperito, manda da capo: «Strascinatelo così malato, che muoia». Vengono e trovano la figura invece di lui. Saul allora a Micol disse adirato: «Tu osi farti beffe di me? E lasciare il nemico mio che mi scappi?». E Micol rispose: «E’ mi disse: Lasciami; o tu sei morta». Mal fece Micol a scusarsi d’un’azione debita e bella con dir menzogna; nè già Saul è da credere che le desse fede e non arrabbiasse in vedere i suoi proprii figliuoli amare colui ch’e’ chiamava nemico. Meglio esporsi all’ira del re, che pure era padre, e non avrebbe incrudelito contr’essa; e fosse, per la generosità di lei, convertito il cuore a pietà. Ma forse non erano tutte menzogne le parole di Micol; ella forse intendeva che la morte di Davide amato sarebbe morte a lei stessa.
Si rifuggì Davide in Ramata; e, stato quivi alcun tempo, lo prese desiderio di sentire i conforti e i consigli di Gionata l’amico fedele. Venne, e s’abboccò seco, e gli disse: «Gionata che ho fatto io? qual è la mia colpa, quale è il mancamento mio verso il padre vostro che e’ vuol la mia vita?». E Gionata gli rispose: «No, Davide, non morrete (Dio liberi). Mio padre non fa cosa da molto o da poco, che non me ne parli. M’ha egli a celare questa sola, e tanto grave, tra tutte le cose ch’e’ fa? Non può essere». E s’ingegnava d’assicurare Davide, perchè credeva davvero, anco dopo le prove avute, impossibile che suo padre venisse a tanto.
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