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      Nè in questo frattempo, che il messo andò, e ch’essi vennero, il suo furore s’era quetato; perche passione fredda era la sua, mista d’invidia e d’orgoglio feroce.
      Vennero. «Figliuolo d’Achilob, dimmi», gli dice Saul. «Eccomi, Signore», risponde Achimelec. E Saul ripiglò: «Perchè cospirare contro me, tu costì e il figlio d’Isai? Perchè dargli i pani e la spada, e orare per lui, che insorgesse poi contro me da insidiatore perfido?». Achimelec con semplicità gli rispose: «Come mai! Chi tra tutti i servi vostri, signore, più fedeli di Davide? Egli genero del re; egli che al vostro cenno va e combatte, e fa di sè gloriosa la casa vostra? Ho io forse da ieri cominciato a pregare per esso? Non voglia, prego il re sospettar male di me, ne d’alcuno di mia famiglia: chè nè io nè nessuno abbiam pure avuto in pensiero male veruno. Di coteste discordie, il servo vostro non ha saputo cosa nessuna, nè grave nè piccola, signor mio». L’ira, l’orgoglio, il sospetto sono malattie che tolgono all’uomo la virtù di credere al vero; e re Saul le aveva addosso infelice tutte e tre. Poi, quel sentirsi rammentare le imprese di Davide, gli fu al cuore un nuovo morso; onde disse: «Morrai tu e tutti i tuoi; morirete». E a’ soldati comandò: «Uccideteli tutti, perchè la man loro è nella mano di Davide. Sapevano ch’e’ fuggiva, e non lo dissero a me».
      Punire con la medesima pena la colpa, anco che vera, e colui che non isvela la colpa, è giustizia di tiranno disperato e matto dalla paura. Al cenno del re, i servi suoi, nessuno si mosse.


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Esempi di generosità proposti al popolo italiano
di Niccolò Tommaseo
Edizioni Paoline
1966 pagine 258

   





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