Non osavano stendere le mani sui sacerdoti del Signore; e chi guardava alle loro teste canute, chi a Saul, chiedendogli con gli occhi pietà; altri si guardavano tra loro, come per fare coll’altrui conoscenza coraggio alla propria; perchè il bene è quasi lume che, posto in mezzo a più specchi, li illumina tutti a un punto, e dall’uno all’altro specchio rimbalza, e moltiplica se medesimo lietamente. Era re Saul rimasto col braccio teso in atto di comando, come se, prima ancora ch’egli abbassasse la mano, avessero tutti que’ corpi a cadere morti. In vedere i suoi servi, di solito tanto pronti agli ordini di lui, tutti fermi, il suo braccio steso, e la faccia mutata da rabbia a stupore, avrebbero fatto sorridere chi lo guardasse senza pensare a que’ tanti innocenti, la cui vita da quel cenno pendeva quasi da filo. Ma il suo stupore dà luogo subitamente a più fiera rabbia. Rivolto a Doeg idumeo, grida il re: «Uccidili tu». E Doeg, già preparato dal mestiere della spia al mestiere del carnefice, s’avventò su que’ sacerdoti disarmati e potè trafiggerne ottantacinque.
Pietosa cosa a vedere, le bianche vesti, e i bianchi e biondi capelli, tinti di sangue; di sangue inzuppata l’erba e spruzzati gli alberi della foresta; e sangue schizzare sulla faccia infocata di Doeg; i più vecchi sacerdoti opporre il petto alla spada per difendere i petti più giovani, i più giovani con santa gara profferire sè stesso e chi cadere senza parola, chi con preghiera coraggiosa, chi con lamento sommesso; e quelli di sotto, ancora vivi, dibattersi nell’agonia, e scuotere i cadaveri de’ sopragettati compagni, e far sentire nell’agonia un suono languido modulato come di canto.
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