Non sarà sopra lui la mia mano: perch’egli è consacrato da Dio». E ai compagni, che non badavano a quel parlare, altri stimando il suo rispetto semplicità, altri finzione; e che danno di piglio all’armi per definire d’un colpo la lunga lite, Davide si mise innanzi, e con parole imperiose, con parole supplichevoli, con la preghiera degli occhi e col linguaggio della mano ora stesa a arrestarli, ora porta a blandirli, vinse l’impeto loro; come, a cominciar della pioggia, il vento cade.
Uscì re Saul; e ripigliava il suo cammino, guardando in alto e d’attorno se vedesse orma di Davide. Più al basso erano le sue schiere. Quando fu sceso alquanto, uscì Davide dalla spelonca, e gli gridò dietro con voce non tropp’alta, acciocch’egli non se ne adontasse come di minaccia o di vanto: «Signore e re mio». Saul si volge, e vide Davide in cima alla rupe. Dinnanzi a quella guerriera canizie di quell’uomo infelice, Davide si sentì commosso, e s’inchinò venerandolo. E guardando con occhi di mesta preghiera e con l’autorità dell’uomo innocente che soffre ed ama, gli disse: «Perchè date voi retta alle parole di gente che dicono: Davide vi vuol male? Ecco adesso con gli occhi vedete che Iddio aveva messo la vostra persona in mia mano là entro nella spelonca. A un tratto mi venne il pensiero ch’io vi potevo dar morte; ma lo respinsi da me. No; non stenderò la mano sopra il signor mio, perch’egli è consacrato da Dio Signore. Ecco, padre mio, ecco, guardate, quest’è la cocca del vostro mantello. Riconoscete che, nell’atto di tagliare un pezzettino del vostro manto, non ho voluto levare la mano contro di voi.
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