Le tende de’ Filistei erano in Afer; e quelle di Saul in Gelboe presso una fonte. Davide co’ suoi secento stavano nell’ultima schiera intorno a Achi re. Or i capitani dell’esercito filisteo, parte per astio, parte per sospetto, incominciarono a dir male di Davide. Achi lo proteggeva: ma essi vollero senz’altro che quel forestiero se n’andasse, temendo non forse nell’atto del combattere si rivoltasse loro contro, per ingraziarsi di nuovo a Saul, suo suocero e re. E soggiungevano: «Non è costui forse quel Davide di cui le giovanette danzando cantavano: - Vince Saul mille, e Davide diecimila?». Il re fu dunque costretto di congedare David, col quale i Filistei non volevano a nessun patto trovarsi. Ecco quel che si guardavano a mutare bandiera: che nessuno ci crede.
Davide dunque co’ suoi si partì: e s’avviarono alla volta di Siceleg. Ne’ giorni ch’egli era via, gli Amaleciti vennero in quella città; la assalirono dal lato di scirocco, la presero e arsero, e menarono tutti in schiavitù gli abitanti. Nessuno ne uccisero: ma tutti menarono seco in mezzo agli armati come pecore e buoi di preda. Ritornano Davide e gli altri a Siceleg, e vedono la caligine del fumo grave, i tetti mezzo atterrati, le mura ignudi e nere dal fuoco; le vesti note delle mogli e de’ figliuoli stracciate e sparse per la via; silenzio da ogni parte, rotto dal crollare delle travi e de’ solai rovinati; ma non traccia di sangue, non cadavere sepolto sotto le macerie, nè voce di persona rimasta alla schiaccia. Gridavano per le contrade deserte, cercavano per le case, piangendo tutti altamente.
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