Quand’ebbero udito ciò gli abitanti di Jabes in Galaad, e quel che il nemico fece dell’infelice re che li aveva un tempo soccorsi valentemente; i più coraggiosi tra loro, tutti d’accordo si misero in via, camminarono la notte, e presero il cadavere di Saul, e i cadaveri de’ suoi figliuoli, dal muro di Retsan, e tornarono a Jabes, e li seppellirono nella foresta; e, come ho detto, con pubblico lutto digiunarono sette dì.
Erano due dì che Davide, ritornato da Siceleg, se ne stava ignaro de’ fatti accaduti: quand’ecco, il terzo dì, venire dal campo di Saul un uomo con le vesti stracciate, e tutto polveroso i capelli e, giunto, a Davide gli s’inchinò fino a terra. «Di dove?». - fa Davide; quegli: «Dal campo d’Israello». Davide a lui: «Che c’è? dimmelo». E l’altro: Israele è in fuga; morti di molti. Anche Saul e Gionata, morti». Davide, attonito alla novella, e non credendo ancora, domanda: «Come lo sai?» Risponde: «Venivo per caso dal monte di Gelboe: e Saul, abbandonatosi con tutto l’empito della persona sulla sua spada, e trafittosi, combatteva con la morte in tristo modo a vedere. E i carri e i cavalieri nemici sentivansi già. Nel dibattersi, e’ volge gli occhi, e vede me che passavo guardandolo con terrore; e mi chiama. Rispondo: eccomi. Dice: Chi sei tu? E io a lui: Io sono un Amalecita. Allora mi dice: Vieni e finiscimi. Ho angoscia di morte e sento tutta la vita in me. Andai, e gli rifissi la spada, e l’uccisi perchè sapevo che già e’ non sarebbe potuto vivere dopo quella rovina.
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