Il sole del cristianesimo risplende inestinguibile in alto; ma le nubi e le nebbie della terra, e il fumo, l’offuscano agli sguardi nostri; e coloro che stanno sepolti in valle profonda, lo vedono tardi e poco; e non pochi chiudono gli occhi e le finestre per non ne scorgere il dolce lume. A Davide dolse e la novella e il tristo servile modo come quell’Amalecita nemico glie la recò; il quale sperava premio e dell’annunzio e del fatto; e, portando a lui la benda reale del capo di Saul, pareva dire: «Io ho fatto cosa a voi cara, a uccidere il vostro nemico». E così segue nel mondo: che vi recano il male altrui come imbandigione squisita; ve l’annunziano perchè credono che ci abbiate piacere e, adulando tanto crudelmente, vi umiliano e addolorano a fondo. L’Amalecita s’era come gloriato dell’aiuto accordato a Saul a morire; e di questo principalmente intese Davide fargli portare la pena.
Or, perchè il canto degli uomini ispirati da affetto è naturale sfogo del dolore ancora più che dell’allegrezza, Davide, poeta grande, fece una canzone che piange di Saul e di Gionata; e volle che il popolo la apprendesse e cantasse; che diceva così: «Pensa, Israello, a coloro che trafitti morirono sulle tue cime. I prodi d’Israello furono sulle montagne tue uccisi. Deh come caddero i forti! Non lo dite in Get, non ne spargete novella per le vie d’Ascalona; che non gioiscano le figlie de’ Filistei, le figlie degli impuri non n’abbiano a menare vanto. O monti di Gelboe, nè rugiada nè pioggia venga su voi; di primizie sian poveri i vostri campi: perchè quivi cadde lo scudo de’ forti, lo scudo di Saul, come se cosa sacra non fosse.
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