Ciò è manifesto per l'esperienza continua de' gravi cadenti, e del moto accelerato; vedendosi che i gravi dopo le cadute hanno maggior forza, che non avevano quiescenti. Ma anco la ragione lo persuade; poiché se quell'ostacolo sottoposto colla continua repugnanza del suo odioso toccamento, estingueva tutti i predetti momenti, ora che è levato l'ostacolo; dovrà colla remozione della causa, esser rimosso anco l'effetto. Quando poi il grave dopo la caduta arriverà alla percossa, non applicherà più, come faceva prima, la semplice forza di cento libbre, figliuola d'uno istante solo, ma le forze moltiplicate, figliuole di dieci istanti, che saranno equivalenti a libbre mille: tante per appunto, quante ne voleva il marmo unite, ed insieme applicate per restar rotto, e superato.
Quì l'obbiezioni son manifeste. Prima non è possibil mai, che un grave cadente possa trattenersi per l'aria, ne dieci, ne trenta, ne cento istanti di tempo; imperocchè il tempo di qualunque brevissima caduta, bisogna (se ciò si può dire) che contenga infiniti istanti. Adunque, secondo questa supposizione, non sarà mai vero che un grave cadente possa moltiplicare il momento suo proprio, che egli aveva quiescente, ne dieci, ne trenta, ne cento volte; seguiterà bene che (se egli lo multiplica) lo dovrà per forza moltiplicare infinite volte; poichè, come dicemmo, nel tempo di qualunque brevissima caduta, sono infiniti gl'istanti; però per necessaria conseguenza la forza d'ogni poca caduta, e d'ogni poco peso doverebbe esser infinita, il che è contro tutte l'esperienze.
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Lezioni accademiche
di Evangelista Torricelli
Stamperia Guiducci e Santi Franchi Firenze 1715
pagine 166 |
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