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      Diversa dall'esperienza de gli archi, ma però simile di conseguenza, è quest'altra operazione, colla quale egli inferiva, che la forza d'ogni percossa sia infinita. Prendasi due palle di piombo eguali: pongasi l'una, e l'altra sopra l'incudine, e si faccia cadere sopra di esse un martello dell'altezza di un braccio. È certo che quel piombo si ammaccherà. Pongasi sopra quell'altra palla un peso quiescente tanto grande, che faccia la medesima ammaccatura, che nell'altra aveva fatta il martello, ed osservisi il peso sovraposto, che sarà, per esempio dieci libbre. Ora alcun crederebbe, che la forza di quella percossa fusse equivalente al momento di quelle dieci libbre di peso quiescente. Ma pensatelo voi. Prendasi i due medesimi pezzi di piombo egualmente ammaccati come stanno; se sopra uno di essi io poserò dieci libbre di peso quiescente, certa cosa è, che non si spianerà più di quello che sia; avendo egli già un'altra volta sostenuto il medesimo peso di dieci libbre. Ma se vi farò cadere il martello dalla medesima altezza come prima, farà ben nuova ammaccatura; e per agguagliar questa, bisognerà posare sopra l'altro pezzo di piombo, molto maggior peso, che quel di prima. E' questo succederà sempre con progresso, sino in infinito. Dunque si potrà dar caso, che la forza di quella medesima percossa farà maggior effetto, che mille, anzi che un milione, e mille milioni di libbre di peso quiescente. Segno manifesto, che la forza della percossa sia infinita. Ad un altra tornata rinnuoveremo il tedio, e daremo ra fine al discorso.


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Lezioni accademiche
di Evangelista Torricelli
Stamperia Guiducci e Santi Franchi Firenze
1715 pagine 166