Parigi, Tours, Londra, furono città e non altro; ma ciascuna di quelle città nostre fu uno stato, e stato poderoso; perchè nell'ambito delle loro mura viveva tutto concentrato uno spirito, e non la materia di un principato: esse vollero essere regine, e lo furono: e i grandi dominanti o per comporre trattati di pace, o per muover guerra con ciascuna di loro, si appressavano ad esse con tanta cautela, quante ne abbisognavano ad avvicinarsi a qualunque altro correttore di vasto reame. Quando l'Occidente si mosse sotto il vessillo della Croce ad aprire le porte dell'Oriente, innanzi alle quali era in piedi a guardarle la stupida Monarchia di Bizanzio, s'inchinò supplicante innanzi alla sola Venezia, perchè glie ne fornisse il mezzo. E quegli oratori francesi che a ginocchio piegato nella basilica di S. Marco chiedevano le navi e 'l senno Veneziano ad espugnare Bizanzio, confessarono all'universo mondo la stupenda individualità italiana. Venezia era una città, non tutta Italia. Per la qual cosa mentre le grandi monarchie si tenevano sublimi, e la sublimità loro credevano inattingibile dalla tempestata Italia, si videro non solo raggiunte, ma superate in vera potenza da una sola città. Vollero gli Italiani non una corona, ma cento; e l'ebbero.
Non erano solamente sovrane le città, perchè indipendenti; lo erano anche per la maturità del senno, con cui si reggevano, la quale mirabilmente risplende nel rapido progredire degl'Italiani nella via della civiltà in pace ed in guerra. Se in pace, la industria ed il commercio delle città marittime volgevano nelle nostre terre una vena di peregrine ricchezze, che ristoravano il popolo della perdita di quelle, che i barbari vennero a rubare in casa loro, rendevano più lieto il vivere ed ingentilivano i costumi.
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