Dovendo io narrare dei fatti avvenuti in Italia, essendo Imperadore di Germania Federigo soprannominato Barbarossa, e specialmente in quella superiore regione, che molto e fortemente operò contro di lui a francarsi del suo imperio; è mestieri aprir la via al racconto colla esposizione delle morali e politiche condizioni di questo nostro paese, che prepararono la ragione di que' fatti, ed educarono lo spirito degl'Italiani a generosamente operarli. Toccherò una antica ferita, la quale rose il cuore della nostra gente: ma nella vita de' popoli l'amarezza del passato è sempre farmaco a risanare il presente, e creatrice di più benigno avvenire. Mi terrò su i generali, e perchè non mi bastano le forze a dar dentro in quelli oscurissimi tempi, e perchè l'animo del leggitore non instancato dall'affannosa inquisizione dell'erudito, fresco e svegliato sia recato dallo storico a vedere la Lombarda Lega sfolgorata di una virtù tutta italiana. Io parlo al popolo.
Tre sono gli oggetti in che è mestieri fermare la mente nella condotta di questa storia: nell'Impero, nel Papa e nell'Italia. Erano corsi ben tre secoli, e non si udiva più parlare di Romano Impero in Italia. Il Greco Imperadore pareva un bastardo discendente de' Cesari; la sua fiacca dominazione, che toccava le spiagge di Calabria e Puglia, e si annidava gelosa nell'Esarcato di Ravenna, non faceva che inaridire sempre più la idea di un Impero nelle menti italiane. Solo Augusto fu veramente Imperadore; perchè tra Roma republicana e Cristo era mestieri di una Monarchia, che raccogliendo nelle mani il frutto della conquista di tutto il mondo, adunato pel vincolo della romana cittadinanza, lo consegnasse al Cristianesimo conquistatore dell'umanità, da affamigliarsi nella unità della ragione evangelica.
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