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      Forse Carlo M. almen nel primo sentirsi su la fronte il bel diadema, rispondeva a capello in suo cuore al papale intendimento. Ma quel benedetto Impero era così impalpabile dalle leggi dell'umana giustizia, che il non costringersi da confine, ed il vagar su tutto il mondo per ingoiarlo tutto, era proprio la natura sua. Se un'uomo incoronato in tanta beatitudine di sazia ambizione potesse più pensare al Papa, al Vangelo, a Dio, creda chi il voglia. Tuttavolta quel non poter essere Imperadore se non pel Papa che ungeva ed incoronava, legò dapprima quelli della razza di Carlo al R. Pontifice di qualche dipendenza. Anzi la fama della incoronazione di Carlo fatta per Papa Leone affortificò e dilatò tanto il potere dei Vescovi, che quasi le sorti dei Re Franchi riposavano nelle loro mani. Questi non ebbero la mente di quel veramente Magno, e le ragioni della successione al trono erano così male ordinate, che le principesche discordie furono frequenti, e sorse la necessità di appellare ai Vescovi. Carlo il Calvo e Ludovico di Baviera ad occupare gli stati del fratello Lotario, assembrarono i Vescovi a giudicar del negozio; e questi lo sentenziarono indegno del trono. Qualche anno appresso gli stessi Vescovi dichiararono caduto di trono lo stesso Carlo. Questi chinò umilmente il capo, si tenne contentissimo della sentenza; perchè, disse, che i Vescovi erano il trono, su cui Dio si asside a giudicare5. Ciò che io tocco della Francia è da affermarsi di tutti i regni Cristiani, vale a dire che la Chiesa fosse per consenso dei Principi come un tribunale di appello di supremo giudizio.


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Storia della Lega Lombarda
di Luigi Tosti
Tipi di Monte Cassino
1848 pagine 398

   





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