Ed avvenne una rapidissima ordinazione gerarchica nelle potestà della terra. L'Imperadore ne teneva la cima; sotto di lui si affilavano i Re; sotto di questi la moltitudine feudale; sotto i piedi di tutti una cosa che si diceva popolo. Il Papa rimase tra il cielo e la terra. Formidabile ai Principi come guardiano e dispensatore del divino diritto; dai Principi minacciato, perchè gratificato di terrene signorie. In questo tutto il germe delle ire venture tra Papi ed Imperadori.
Intanto i Papi nella espettazione di onnipotenti soccorsi dall'Impero, non n'ebbero di sorte. Gl'Imperadori stavano in Germania, i nemici in Roma. I Romani rimasero sempre sognando la Repubblica; e quel Papa, cui dapprima eransi stretti, o tribolati dal Greco, o tempestati dai Longobardi, incominciava a dispiacere, come impronto turbatore de' loro sogni. Non volevano le chiavi di S. Pietro, ma i fasci consolari di Bruto. La mala contentezza si manifestò ne' patrizi, che, al solito, delirando Repubblica, pensavano a intrudere le loro razze sul seggio papale. Il secolo X sarà sempre di funesta ricordanza pel Papato; in quello fu desolazione nel luogo santo: e quando appunto fu più di mestieri del soccorso dell'Impero, questo malamente fallì, ed anzi s'intruse nelle cose più vitali della Chiesa.
I Marchesi di Toscana, i Re d'Italia, e più da vicino la sfrenatezza del popolo, la prepotente progenie de' Conti Tusculani condussero il Papato a brutti e lagrimevoli casi. Tornarono i tempi dell'Impero Romano. Brevi e tempestosi pontificati.
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