Tutto il secolo X e mezzo dell'XI, in cui non si udì voce pontificale veramente sonora a ricordare agl'Imperadori la legge di Dio, bastò ad educar quelli ed i popoli (salvo gl'Italiani) all'idea dell'Impero, qual la concepirono Errico IV e i due Federighi. Ma eccoti un monaco di S. Benedetto, italiano di patria, Ildebrando, appressarsi all'infermo Pontificato, vivificargli lo spirito, e sollevargli la fronte a vedere lo scopo della sua fallita missione. Leone IX, Vittore II, Stefano IX, Nicola II, Alessandro II si videro sempre al fianco questo animosissimo monaco, che prestò loro i nervi a spezzare sul telonio dei simoniaci la bilancia degl'infami baratti, ed a percuotere nel sonno del concubinato l'infeminito chericato. E quando incominciò a levarsi un moral propugnacolo innanzi alla Chiesa nella virtù de' cherici, ad aprirsi un terreno rifugio nella nascente monarchia normanna, Iddio assunse al Pontificato esso Ildebrando. Al primo affacciarsi dalla romana Sedia si scontrò coll'Impero già conturbato dallo zelo di Alessandro II; ed appiccò una terribile tenzone. Egli disse come Vicario di Cristo - Non voglio più concubine; non voglio, barattarsi le sante cose col fango; voglio liberissima la Chiesa; via Imperadori e Principi dalle papali elezioni; da Dio, e non da loro la investitura della spirituale potestà; se sia chi voglia essere Imperadore, mi venga innanzi a ricevere dalle mani mie la corona, e con la corona il giudizio de' suoi fatti - Gregorio VII non creò il Pontificato R. ma lo mise in quel seggio che Dio e i Principi gli edificarono.
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