Non erano più al secolo XI proprio di quelli che pigliarono a man baciata la Regola di S. Benedetto, ma neppure di que' Nicolaiti di Basilea. La disciplina era viva; e gli Abati con pari energia contenevano in suggezione i vassalli, in ufficio i monaci. Monte Cassino e Cluny erano in molto fiore per la rigida vita dei monaci: ed a quel fervore del VI secolo svaporato per umana infermità, sopperiva la giovane e caldissima riforma di S. Romualdo. Il lettore pensi a S. Pier Damiano. Ora nelle compagnie meglio che negl'individui vigoreggia l'idea del passato e dell'avvenire, come quelle che sentono il bisogno di una indeterminata conservazione: perciò i monaci in quello studio erano soli a vedere quello che era stata la Chiesa, ed a prevedere quel che sarebbe stata, messa così da cherici per quella pessima via; soli a gridar contro le chericali corruttele. Per la qual cosa tutto il Sacerdozio si appresentava a que' tempi come diviso in due parti: in una il Papato coll'Episcopato, il Monachismo nell'altra; il quale ne' solinghi recessi claustrali preparava e concentrava la forza della reazione dell'intero Sacerdozio contro l'Impero, origine di tanta desolazione.
Provvedevano i Cieli. Incominciavano ad essere frequenti i Pontefici usciti dalle Badie Benedettine. Silvestro II, Sergio IV, Leone IX, Vittore II, Stefano IX con assai brevi intervalli si successero sulla papale sedia; ed aprirono la via a salirvi allo stupendo Ildebrando. Monaci vi volevano al Papato a quei tempi della estinzione dello spirito; ed a risuscitare lo spirito non val tanto la potenza della ragione, quanto il magistero del cuore.
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