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      Il giogo imperiale era il vero nemico. Perciò fino a che questo non minacciò il loro collo, non vennero iniziati alla religione della sventura, e non appresero i documenti della virilità. Non sono gli anni, ma l'esperienza che segna i periodi della umana vita: così anche de' popoli. Avevano però gl'Italiani la potenza a raggiungere la difficile sapienza di contenersi nei confini della morale unità, senza che avvizzisse il fiore della libertà. Imperocchè se ci appaiono peggio che barbari nelle cruenti ambizioni municipali, erano veramente Romani nella ordinazione delle loro repubbliche: e nel bene delle francate individualità cittadine si chiudeva, come germe, la morale monarchia dell'ordine, su di cui si leva sicuro l'individuo sociale. Di questo germe gl'Italiani avevano la coscienza: imperocchè quando più disperatamente combatteva le altre città la prepotente Milano, si levò in essa una voce profetica, che addimostrò come gl'Italiani riconoscessero il disordine che era in quelle fraterne nimicizie, e l'ottima cosa che sarebbe stata quella di fondere le differenti patrie naturali in una comune patria politica. Uberto Abate sermonando a Milano prorompente a guerra, le gittò innanzi queste parole ad arrestarla - Tu fai di disertare il Cremonese, di rovinare il Pavese, di subbissare il Novarese. Tu contra tutti, tutti contra te.... Oh! quando avverrà quel giorno, in cui il Pavese dirà al Milanese: Il popolo tuo è il mio popolo; il Cremonese al Cremonese: La città tua è la mia29 -


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Storia della Lega Lombarda
di Luigi Tosti
Tipi di Monte Cassino
1848 pagine 398

   





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