Dissi essere stati gl'Italiani veramente Romani in mezzo alle furie cittadine, è tempo oramai che io li addimostri tali, appressandosi il risorgente Impero nel Barbarossa, che li minaccia di novello servaggio. Vediamo quali li trovasse il Tedesco, che credeva intimorirli colle armi, e persuaderli col freddo sillogismo del diritto.
«Tuttavolta (è Ottone Vescovo di Frisinga30 testimone di veduta che parla) gl'Italiani, dati giù i feroci spiriti de' Barbari, (forse dall'aver questi per paesani matrimonî generati figliuoli, che dal materno sangue, dall'indole dell'aere e del suolo presero la gentilezza e il senno Romano) essi Italiani nella eleganza della favella e nella cortesia de' costumi sono ancora Latini. Anche nella ordinazione cittadina e conservazione della pubblica cosa tolgono ad esempio la politica degli antichi Romani. Sono poi così teneri di libertà, che a cessare la tirannide si tengono contenti più della balia de' Consoli, che de' Principi. E poichè è manifesto, appresso loro essere tre ordini di persone, de' Capitani, de' Valvassori e della plebe, a tenere in freno la superbia, non da un solo, bensì da ciascuno di quelli vengono scelti i Consoli; e perchè questi non si sfrenino a libidine di signoria, quasi in ciascun'anno si mutano. Dal che conseguita, che in tutto quel paese, messo in partaggio dalle città, ciascuna di queste abbia condotti quelli della diocesi a seco incorporarsi; ed appena in un qualche nobile personaggio può uno abbattersi, in così vasto paese, che non obbedisca alla propria città. Ciascuna usò chiamare il proprio territorio Commitato da quella licenza di comminare altrui.
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