Fra le città Lombarde che si reggevano a comune al sorgere del XII secolo le potentissime erano Pavia e Milano, le quali come da picciolo tratto di paese divise, gelosissime si guardavano. Non era fiume nè monte che dividesse i loro contadi: perciò nella dilatazione della loro potenza dovevano urtarsi ed essere in un continuo misurare delle forze. Spingeva Pavia ad entrare innanzi a Milano la memoria della stanza che ebbero in lei i Re d'Italia; questa il diritto d'incoronarli colla corona di ferro. Importune memorie a città che si tenevano in punto di Repubbliche, sempre opportune alla superbia del municipio. Vero è che Milano avanzavala per larghezza di dominio, e copia di ricchezza32. Ambe potenti, e cupide di più vasta signorìa, volendo ciascuna assoggettarsi le città minori, accesero un grande fuoco di guerra, in cui queste prendevano parte e si divisero in fazioni; chi per Pavia, chi per Milano teneva. Crema, Tortona, Brescia, Parma e Modena stava per questa; per quella Piacenza, Reggio, Lodi, Novara, Cremona, Asti. Nella lotta prevalsero i Milanesi, come più poderosi; andavano però a pari co' Pavesi nell'impeto e pertinacia degli odi. Fin nell'anno 1059 appiccarono una feroce battaglia, in cui i Pavesi ebbero la peggio; ma fu menata d'ambe le parti tale una strage, che il luogo della zuffa fu chiamato Campo morto33. E quante volte poi fra loro vennero alle mani, quasi sempre i Milanesi toccavano la vittoria.
Per la qual cosa questi fatti baldi dalla propizia fortuna, si volsero non solamente a guerreggiare per gli aperti campi, ma a porre assedi alle città che tenevano per la nemica Pavia.
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