Anche egli aveva paura di Milano. Andò in Germania recando a Federigo una chiave di pretto oro, di che lo presentava la città di Lodi. Trattandosi di queste esteriori mostre di ossequio, i Milanesi non vollero rimanere in dietro. Rimessi gl'iracondi spiriti, tanto terribili a Sicherio, pensarono ai casi proprî, provvedendo; non volendo a capo chino dare in quella tempesta che adunavano in Germania le città nemiche. Cercavano mansuefare l'animo di Federigo co' regali: spedivangli oratori con una ricchissima coppa d'oro colma a ribocco di moneta. Ma quegli con regia superbia rifiutò il presente, sprezzò gli ossequî, si cacciò dinanzi i Legati, e con tutto l'animo intese al velenoso piatire di que' di Pavia e di Cremona44. Spedì tosto messaggi per tutti gli stati di Germania e per l'Italia ai Vescovi, Abati e Baroni a tenersi in punto di guerra colle loro soldatesche pel dì di S. Michele, e seguirlo in Lombardia; e fece correre il bando di un gran parlamento da tenersi a Roncaglia45.
Mentre gl'Italiani oratori facevano quella miserabile vista al cospetto di un Re straniero, prorompevano in Italia le milanesi vendette contro Pavia. Raccolte le milizie comasche e lodigiane, soccorsa da Crema, mandò fuori Milano il suo esercito contro Pavia. Nel dì dodicesimo di Agosto si scontrarono i due sforzi appresso un fiumicello detto Lavernagola; fu combattuto da mane a sera da ambe le parti con tanta rabbia, che separate dalla notte, nissuna potè conoscere ove fossesi inchinata la vittoria.
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