Quattrocento Milanesi bastarono a sorreggere gli animi a petto della formidabile oste del Barbarossa; il quale senza altro indugio strinse la città di assedio55.
Siedeva Tortona su di una collina di aspro accesso: l'era alle spalle una giogaia di monti che la congiungevano alle alpi liguri verso levante. A ponente le sottostava un terreno molle e paludoso, corso a qualche lega dal Po. Tutta la città si raccoglieva alla vetta di quell'aspro monte, per arte e per natura egregiamente munita, ed era a sopraccapo alle campagne della nemica Pavia, guardandola da mezzodì come una scolta, quando Milano la osteggiava da tramontana. Prolungavasi un borgo per la china del monte e veniva a giacere nel basso, ben provveduto intorno di mura, ma non capace di lunga resistenza. Perciò nel primo cominciar dell'assedio abbandonato da' Tortonesi, e senza fatica ottenuto da Federigo. Tutto lo sforzo era nella superiore città, e con quello un fortissimo proposito di mandare un esempio agli avvenire della virtù che infonde la santa carità della patria. Le menti di tutta Lombardia affisavano quella rupe di Tortona, a prendere augurio di avverso o di secondo avvenire.
Intanto Federigo si disponeva alle offese. Aveva diviso in tre parti la numerosa oste; una tutta di Pavesi andò a campeggiar la città dal lato di oriente, che guardava Pavia; l'altra condotta da Errico Duca di Sassonia occupò i sobborghi di mezzodì; lo stesso Federigo poggiò il campo alle sponde del Po verso ponente. Fra gli spazî che erano tra i campi furono cavate profonde fosse a rompere le sortite ai Tortonesi per la campagna.
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