Certo che Federigo nol confortò a farlo, tenendo per giustissima quella guerra, e perciò giustamente ammazzati i Romani. Adriano poi, come vedremo appresso, sebbene apparisse amico del Barbarossa, aveva l'animo a tutt'altro disposto che ad assolvere quella bestiale generazione di uomini. Levò la mano alle consuete benedizioni papali; ed i Tedeschi, che non sapevano di quelle cose, si credettero assoluti.
Le malattie che conquassavano l'esercito tedesco eccitavano più forte tra' soldati il desiderio di tornarsene a casa. Erano milizie, come fu detto, feudali, perciò temporanee; ed al finire della campagna non era forza che avesse potuto rattenerle sotto le insegne. Federigo aveva ancora grandi cose a fare: il reame di Sicilia gli era fitto nella mente, e ricordava delle spedizioni di Lodovico il Pio, di Ottone, di Lotario. Anche egli voleva stendervi l'ala dell'Imperio. Erano opportune le condizioni: Roberto Principe di Capua capo de' fuorusciti aveva ribellata gran parte del reame a Guglielmo I, figlio di Ruggiero, il quale era poverissimo di spirito e nulla aveva dell'ingegno paterno; Emmanuele Comneno di Costantinopoli con poderoso naviglio oppugnava Bari e Brindisi. Era dunque facile cavar lo scettro di mano ad un principe imbecille, e fra due nemici che lo spogliavano. Per la qual cosa Federigo, sempre sperando che non gli scappassero i Baroni colle loro milizie, condusse l'oste su pei monti del Ducato di Spoleto, a cessare la morìa in aere più fresco; e cominciò a bandire che voleva il fodro imperiale, per tener contento l'esercito colla pecunia.
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