Furono slocati colla forza, e quanti caddero in mano di Federigo furono ammazzati di crudelissime morti. Un cinquecento vennero appesi per la gola agli alberi; dugento ebbero il naso e le labbra recise; ed i cadaveri degli uccisi furono ammonticchiati per le vie senza ricovero di sepolcro, ad esempio, come avverte il Vescovo di Frisinga, de' viandanti75. Cosi Federigo, dopo aver saccheggiati e distrutti i due castelli di Trecate e Galliate, disertate le campagne di Milano, inabbissata Chieri, Asti, Tortona, Spoleto; contaminata di sangue l'istessa Roma, divorato quanto si faceva innanzi al suo esercito; ammazzato, impiccato e martoriato grande numero d'Italiani, sgomberava il tribolato paese nell'autunno dell'anno 1165, e si ritraeva in Germania a preparare una novella spedizione.
Due erano i pensieri che si recò sulla cima dell'animo l'Imperadore, Milano ed il Papa. Quella come centro della forza de' Comuni, che gli contrastava la imperial signoria dell'Italia; questo come dispensatore e guardiano del diritto divino. A quella apertamente nemica aperta guerra minacciava, a questo con gelosia guardava. Ma entrambi, poichè il Tedesco liberò l'Italia della sua presenza, piegarono l'animo alla considerazione delle proprie condizioni in faccia ad un poderoso nemico, e provvedevano. Veramente incredibile fu l'ardore de' Milanesi nel riprendere il sopravvento su le città Lombarde, e nel premunirsi contro ai venturi Tedeschi: fu però vituperevole cosa che la nobiltà degli sforzi venisse alcuna volta disonestata dalla intemperanza dei mezzi.
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