Prometteva ai convocati Principi, che non li avrebbe fatti oltrepassare l'Appennino88. Spiccò ad un tempo due Legati in Italia, che gli aprissero la via, spargendo voce della grandezza dello sforzo tedesco, che era per condursi a ristorare le sante ragioni dell'Impero; raffermassero gli affezionati a Germania, intimorissero i nemici e risvegliassero a guerra i feudatari dell'Impero. Erano i due messi Rinaldo Cancelliere Imperiale, ed Ottone Conte Palatino, quell'avventato che minacciò di morte colla nuda spada il Legato papale. È a dire che costoro o conducessero, o trovassero qualche mano di gente armata, poichè venuti alla Chiusa sull'Adige, ottennero il Castello di Rivoli; il quale sarebbe stato un noioso intoppo al venturo esercito cesareo. Fermarono il cammino in Cremona, e vi tennero un parlamento, al quale intervennero gli Arcivescovi di Milano, di Ravenna, ben quindici Vescovi, Marchesi e Conti non pochi, e i Consoli delle Repubbliche. Proseguirono il viaggio, visitando l'Esarcato di Ravenna; poi per la via di Rimini si accostarono ad Ancona. In questa città eransi allocati alcuni messaggi dell'Imperadore Greco, i quali con molta quantità di danaio erano nell'assoldar gente, sperando che tutto inteso il Barbarossa nella guerra di Milano, potessero riacquistare qualche cosa dell'antica signoria su le coste dell'Adriatico; ed a compire il disegno, facevan correre la voce, armarsi contro quel di Sicilia. A questi celatamente prestava opera un Traversaro di Ravenna. Nel quale abbattutisi i due Legati, gli fecero sentire tali parole, da non fargli più pensare ai Greci: anzi quel manesco uomo di Ottone rincalzò gli argomenti con un trar di spada, minacciando il Ravennate di morte.
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