Brescia dopo quindici dì di resistenza si arrese a patti, non soccorsa, dando sessanta statichi, ed una grossa quantità di danaio91.
Ragunato tutto l'esercito nel Bresciano, Federigo bandì alcune leggi ad infrenare la licenza de' soldati, le quali rendono assai bene l'indole sua e della gente che conduceva92; e con una acconcia diceria spose la sua mente ai Baroni intorno alla guerra che intraprendeva. Rendeva grazie a Dio, perchè avendolo assunto a suo ministro e rettore dell'Imperio, lo avesse ad un tempo circondato della loro onestà e prudenza, della quale sapeva a pruova l'efficacia nel sedare i turbamenti del R. Imperio, di quell'Imperio, di cui dividevano con lui il reggimento. Affermava come non avesse vaghezza di guerra, sapendone i mali; non ve lo conducesse ambizione di principato, ma ferocia di ribelli. «Vedete là Milano, esclamava, dessa è che vi ha tratti del dolce nido della patria, e strappati al seno delle vostre donne e de' vostri figliuoli, dessa che vi ha rovesciata su le spalle una mole di tante fatiche colla sua irriverente baldanza. Essa giustificò la ragione della guerra, ribellando all'Impero: voi onestamente ministratela per puro amore di pace. Ministri di giustizia, a voi mi rivolgo, perchè fallisca l'audacia de' nemici, e l'Imperio ai dì nostri sortisca il debito decoro. Non siamo arrecatori, ma propulsatori d'ingiuria: perciò volgete l'animo ad una giusta guerra, fortemente duratevi, da conseguirne gloria e guiderdone. No, Dio concedente, non avverrà, che una sola città nemica abbia a trovarci vilmente dischiattati dai nostri maggiori, nel conservare ed accrescere quell'Impero, che la virtù di Carlo e di Ottone ci ha tramandato»93. Orribilmente gridò l'esercito a plauso delle imperiali parole.
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