Fermarono assalirli con una subita sortita, ed ove loro fosse andato a verso la fortuna, porre tutto a scompiglio il campo imperiale. Colsero opportuna l'ora della sera. Quei due Principi con altri capitani, senza un pensiero al mondo di sortite e di assalti ragionavano in pace delle faccende dell'assedio innanzi ad una delle porte, che ebbero in guardia. I soldati erano a dormire. Vegliavano solo le scolte agli steccati del campo. Spalancate le porte della città, saltaron fuori i Milanesi ad investire il campo di Corrado. Uccise le scolte, non fu dapprima che un macello quello che fecero. Ma desti e levatisi in armi i Tedeschi, appiccarono una confusa battaglia che non moveva dai cenni de' capi, ma dalla necessità di personale difesa. Più certi del loro fatto combattevano i Milanesi: se non che levatosi un gran rumore, corse rapida la voce di quell'assalto ai vicini alloggiamenti del Re di Boemia, il quale a sorreggere da lungi l'animo de' combattenti, fece dar nelle trombe, mentre disponeva i cavalleggieri ad accorrere loro in aiuto. A spron battuto e con molto strepito di trombe giunse alla mischia, e vi si cacciò dentro con grande impeto. Per cui gli assalitori non reggendo più al numero, e non volendo venisse loro tagliata la via al ritorno, chiamarono a raccolta e si ritrassero in città101.
Quasi a rimbeccarli di quella sortita, che tornò assai male ai Tedeschi, Ottone Conte Palatino condusse in sull'annottare le milizie ben provvedute di materie facili ad accendersi ad appiccare il fuoco ad un ponte di legno, che sovrastava il fosso della città, e metteva capo ad una delle sue porte; alla quale appiccato che si fosse il fuoco, sarebbero accorsi ad estinguerlo i Milanesi: e così distratti dal pericolo dell'incendio, avrebbe potuto batterli, e intromettersi nella città. Ma non appena gli assediati si addarono dell'incendio già appreso al ponte, vennero fuori come lioni a ributtare l'inimico.
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