I cento anni corsi innanzi Barbarossa bastarono a raffermarlo, ed a munirlo della santità della legge, che non fu scritta dal Principe, ma dalla consuetudine, accettata dal medesimo. Gl'Imperadori nella guerra col Sacerdozio furono vinti; e come tali, a cessare la inimicizia de' Comuni Lombardi, concessero quello che questi già possedevano, o togliendo danaio, quasi prezzo di riscatto, o regalando privilegi, a farsi generosi donatori di libertà. Vennero così cacciati dalle Repubbliche, e si tennero contenti dietro al diritto di riscuotere il fodrum regale, visitando l'Italia, e di leggere il loro nome ne' pubblici atti e su le monete. Ciò a Federigo pareva assai poca cosa; voleva essere assoluto padrone; perciò voleva togliersi dinanzi quelle Repubbliche, e schiantarle dalle radici. Egli stesso nel trattato della resa di Milano aveva riconosciuta, e giurata la legalità de' Consoli creati dal popolo; era venuto a patti con Milano, perciò aveva confessato stargli quella a fronte non come un vassallo, ma come indipendente Repubblica, guarentita da un diritto sacrosanto quanto quello che gli fermava sul capo la corona di Lamagna. Questi impedimenti voleva rimuovere il Tedesco, e vi deputò i legisti.
I quattro dottori di Bologna formarono il suo consiglio privato. Non durò fatica a farsi intendere: bensì questi faticarono a porre ad atto l'imperiale disegno. Egli disse a costoro - Quanto è di libertà e d'indipendenza in Italia è pretta usurpazione: ritornate le cose come erano abantiquo - Si misero a cercare i Dottori come fossero abantiquo, e nulla trovarono di determinato dal diritto.
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